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Dopo il COVID una nuova assistenza in Oncologia

13 marzo 2023

La pandemia COVID ha messo in evidenza in modo acuto problemi che per quanto attiene l’oncologia e l’emato-oncologia esistevano già. Li descrive molto bene Alessandro Comandone, direttore di Struttura Complessa di Oncologia Medica Ospedale Giovanni Bosco di  Torino, in un editoriale uscito pochissimi mesi fa sulla rivista Epidemiologia e Prevenzione (anno 46 (4) luglio-agosto 2022). Ecco cosa scrive Comandone: “Le dimensioni del problema, troppo spesso dimenticate, sono realmente impressionanti: nel volume” I numeri del cancro” (Direttivo AIRTUM e AIRTUM Working Group. I dati nazionali. I numeri del Cancro 2019. 17-42 2019) si stima che nel 2021 in Italia vi siano state 377.000 nuove diagnosi di tumore (incidenza) (più di 1.000 casi al giorno, circa 195.000 uomini e 182.000 donne) e i decessi siano stati 181.330 (mortalità) (100.200 uomini e 81.100 donne). I dati di prevalenza (cioè i nuovi casi sommati con i pazienti vivi a distanza di tempo dopo una diagnosi di cancro) sono ancora più importanti: oggi in Italia abbiamo circa 3.600.000 persone che hanno avuto nella loro vita l’esperienza di una neoplasia, con un aumento del 37% rispetto al 2010. Ma questa popolazione è molto eterogenea: ai completamente guariti (27%), si associano le persone in trattamento adiuvante o in follow-up, che avranno ottime probabilità di guarire, o in cura per malattia in fase avanzata o in cure palliative, per i quali possiamo sperare solo in un prolungamento della sopravvivenza o nel controllo dei sintomi. Per contro, gli specialisti oncologi sono circa 2.200 e il rapporto medico/pazienti con malattia conclamata o in follow-up si avvicina ormai a un insostenibile rapporto di 1/1.600. Considerando, infine, che un paziente oncologico, soprattutto se in cura attiva o palliativa, necessita di una visita ogni 21-28 giorni, si comprende che il vecchio sistema di assistenza rappresentata dal rapporto diretto oncologo-malato non è più sostenibile”.

Che fare? Prima di tutto l’assistenza in Rete può consentire ad ogni paziente di essere seguito nel “setting” più appropriato (Ambulatorio, Degenza ordinaria, Day-Hospital, Hospice, etc.). Il medico poi deve essere liberato di incombenze amministrative per potersi dedicare pienamente al suo assistito. L’informatizzazione in questo senso può aiutare la comunicazione ed il trasferimento dei dati ma deve essere perfettamente funzionante,  con una assistenza che sia in grado di intervenire prontamente in caso di difficoltà e problemi.  Questa digitalizzazione  può essere anche molto utile nella assistenza domiciliare a distanza sia in collegamento con il malato sia con il familiare o caregiver. Il follow-up dopo 5 anni, teso a evidenziare eventuali ritorni della malattia ma anche delle patologie anche tardive conseguenza delle cure effettuate contro il cancro, potrà essere affidato al Medico di Famiglia, a patto che questo venga  a sua volta supportato da personale infermieristico e da consulenze disponibili in tempo reale.  Inoltre il PNRR (Piano Nazionale Ripresa e Resilienza) prevede la istituzione di Case di Comunità e Ospedali di Comunità che dovrebbero essere strutture multidisciplinari dove far interagire in maniera sinergica Medici di Medicina Generale, infermieri, specialisti diversi tra cui anche l’oncologo e l’ematologo. Il malato non può rimanere passivo ma ancora di più deve sentirsi responsabilizzato il cittadino sano. Giorgio Gaber ci ricordava che “La libertà è partecipazione”. Che idee avete? Che suggerimenti dareste ai decisori politici? Avete delle proposte per una diversa e più efficiente organizzazione della assistenza?

Gianfranco Porcile

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