Mi chiamo Carletto Tondelli, sono nato a Trevenzuolo, in provincia di Verona, il 28 agosto 1942 e abito nel comune di Vigasio: sono sposato, padre di due figlie e nonno di tre nipotini meravigliosi. Alle spalle ho un passato di alcolista e tabagista: questo mio stile di vita me lo sono portato avanti per anni. A volte mi chiedo come ci sono finito dentro. Nell’82 mi ero diplomato sommelier ed esercitavo per hobby quella mia competenza. Poi il vino divenne una schiavitù: riuscii a smettere solo con l’aiuto di persone amiche, dopo molti sacrifici e con una grande forza di volontà. Apparentemente stavo bene.
Finchè, nel luglio 2005, in seguito agli acccertamenti per un aneurisma all’aorta addominale con una TAC mi accertarono una neoformazione polmonare destra. Praticamente mi sono ritrovato una di quelle diagnosi che soltanto a paralarne vengono i brividi, ancor più quando pensavo che mio fratello era morto di un carcinoma gli anni precedenti. Era la mia paura, il mio incubo: quando mi svegliavo di notte, il mio pensiero correva lì. Ora l’incubo si era materializzato ed era diventato realtà. Stava capitando proprio a me! Ma non si perse tempo. Il 4 agosto, a una settimana dagli accertamenti, mi hanno operato e dopo 5 giorni in Rianimazione sono tornato in reparto. Là sono venuto a conoscenza che mi avevano tolto tutto il polmone (“pneumonectomia totale destra”). I medici mi rincuorarono dicendo che si poteva vivere bene lo stesso; l’intervento era andato bene, ma avevo il morale a terra.
A due mesi il primo controllo oncologico risultò negativo. A 5, invece, ci fu la nuova mazzata: recidiva! Al polmone sinistro. Questa volta mi ricoverarono in Oncologia e mi sottoposero alla chemioterapia: stavo male, fisicamente e moralmente, avevo voglia di piangere, speravo di morire in fretta, mi vedevo già un malato terminale. Vedevo la mia famiglia soffrire, anche se cercavano di nascondermelo. In quel momento simpatizzavo per l’eutanasia e mi chiedevo che diritto avevano i medici di riempirmi di farmaci così tossici. Per fortuna la terapia funzionò, ripresi a stare meglio, pian piano recuperai le mie forze e il mio buonumore e da allora non ho più fatto terapie. Oggi ho ripreso in pieno la voglia di vivere. I disagi ci sono ancora (ho un polmone solo), ma sto imparando a conviverci.
Ora sono sereno, affronto la vita come se nulla fosse accaduto. Da allora ho sentito che dovevo onorare un impegno verso gli altri, verso la vita degli altri che come la mia è sempre preziosa ed unica. Sono diventato un “insegnante” nei gruppi A.C.A.T (club degli alcolisti in trattamento), sto con loro, racconto la mia storia e cerco di spiegare che la vita va rispettata, non va calpestata. In tutti questi anni ho imparato che ogni esperienza personale, pur nella sofferenza, ti arricchisce e ti aiuta a comprendere meglio il disagio, il dolore degli altri.