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La storia di Davide

Davide

Quando scopre di avere un linfoma, Davide è un giovane che sta costruendo il suo futuro di marito e di padre. La diagnosi gli arriva mentre sta assaporando quello che sicuramente è uno dei momenti più belli e intensi della vita di un uomo: sua moglie sta per dare alla luce la loro bambina.
Lo scopre quasi per caso. Un mal di schiena insistente, un fastidio trascurato, poi una notte una sudata. Di quelle incredibili che neppure il più afoso dei mesi di agosto porta con se. Lo stupore del mattino di fronte alle lenzuola e al letto fradicio, si trasforma ben presto in qualcosa di più difficile da affrontare.
Un amico medico internista, a cui Davide si rivolge, si rende conto di uno stato di salute anomalo, di linfonodi ingrossati, basta una biopsia per avere la diagnosi: Linfoma di Hodgkin.
E per Davide inizia la battaglia quotidiana contro la malattia. Sceglie di sapere, ogni cosa, ogni dettaglio, e assieme ai medici inizia un percorso lungo e difficile che durerà 3 anni.
All’inizio il male sembra non voler cedere, è tenace, i primi cicli di chemio non portano i risultati sperati. I medici indicano una strada, un percorso da seguire, Davide combatte, e alla fine è lui a spuntarla. Arriva la remissione completa della malattia.
“Sono stati tre anni di calvario - racconta Davide - tre anni di terapie, un’autentica bomba per il corpo e per lo spirito, ma non mi sono mai arreso. Lì, da solo, nella camera sterile con la foto di mia moglie e di mia figlia a darmi forza... Perché io da quel letto dovevo uscire: a casa c’erano 2 persone che mi aspettavano e che avevano bisogno di me... In quei momenti ho dovuto smettere di lavorare, mi sentivo uno straccio. Poi, quando ormai sembrava che non ci fosse più nulla da fare, è arrivato il trapianto delle cellule staminali e, lentamente, la ripresa... In quei giorni mi sono ripromesso che una volta guarito mi sarei dedicato a quelli che, come me, hanno la sventura di ammalarsi. Credo infatti che da tutta la negatività della situazione sia possibile trovare anche insegnamenti e stimoli che possano essere di aiuto ad altri, per far si che questa sventura non sia solo, come troppo spesso accade, un periodo da dimenticare”.
Davide porta con se molti ricordi di quel periodo in ospedale, le pizze serali assieme agli altri malati con gli speedy pizza che arrivavano in reparto, le vite sospese degli occupanti dei letti vicini, che si trasformano in amici; le storie, le voci e i ricordi anche di chi non ce l’ha fatta.
“Oggi io sto bene e la mia vita è dedicata a cercare di aiutare chi sta combattendo per realizzare il proprio sogno: guarire”.

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