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La storia di Daniela

Daniela

Il mio nome è Daniela, ho 52 anni e molti progetti da realizzare. Nel giugno 2006 attraversavo un periodo di grande frustrazione, mi sentivo impotente. La causa era da attribuire alla mia situazione lavorativa. Desideravo con tutte le mie forze cambiare posto di lavoro, ma a causa della mia età e il momento difficile anche per i più giovani nel trovare un’occupazione, mi ero convinta di non avere alternative. Mi trascinai nella mia disperazione fino all’inizio di agosto, quando finalmente andai in vacanza e per un po’ non avrei dovuto lavorare vicino a persone così maligne e false. Pensavo di passare un bel periodo di rilassamento e di riposo con la mia adorata famiglia e il mio cane di nome Cleopatra, adottata in un canile nel 2004 in pessime condizioni, ma mi sbagliavo. Nessuno riusciva a spiegarsi il comportamento di un cane tranquillo che d’improvviso si lanciava contro di me ringhiando e strappandomi la maglietta (senza mai farmi male) sempre dalla parte sinistra “attaccandomi il seno”. Quel seno che, dopo un mese, avremmo scoperto affetto da un tumore. Sì, è stata Cleopatra che per prima ha scoperto il mio tumore. Quando mi attaccava sembrava volermi staccare il seno, mi rompeva la maglietta ma non mi faceva mai un graffio. Un comportamento incomprensibile fino a quando ai primi di settembre, è uscito un grosso nodulo sul seno. Da quando sono entrata in cura, Cleopatra non mi ha più fatto niente, sembrava capire la situazione. Quando ci vedeva tristi, perché ovviamente in un primo momento per tutti noi è stato un vero shock, lei abbaiava e andava a prendere il suo giochino preferito, poi faceva delle espressioni così buffe per invitarci al gioco che dovevamo per forza ridere. Ci ha tirato fuori dalla disperazione. Ora consideriamo questo tumore come qualsiasi altra malattia: ci si ammala, ci si cura e si guarisce. Ne parliamo tranquillamente e a volte riusciamo perfino a riderci sopra. Questo difficile periodo di malattia, non è passato senza lasciare un grande segno in me e nella mia famiglia. Ci siamo accorti di quali fossero veramente le nostre priorità, abbiamo assaporato di più le nostre gioie, ha rafforzato ancora di più l’unione della famiglia. Abbiamo imparato a dare un giusto valore a ciò che ci circonda, ho imparato a vivere diversamente le ingiustizie sul posto di lavoro. Io, durante il periodo di malattia ho deciso di riprendere i miei studi di psicologia, per poter aiutare le altre persone, che come me hanno incontrato il cancro. L’idea mi è venuta perché in ospedale, durante il periodo delle chemioterapie, ho conosciuto molte persone che spontaneamente mi confidavano le loro paure. Mi sono accorta di quanto avessero bisogno di parlare e di liberarsi dei loro timori, ma anche di quanta reticenza nel dialogare con i loro familiari e amici. Dieci giorni dopo la fine dell’anno passato in ospedale, mi sono iscritta alla scuola triennale di Counseling e a ottobre 2010 mi sono diplomata. Ho ripreso anche a lavorare part-time. Quando mi sono ammalata mi sentivo senza vie d’uscita, incompresa, pensavo di non valere nulla e che non valeva più la pena di vivere una vita fatta solo di sacrifici in cui nessuno ti riconosce qualche merito. Il periodo di malattia mi ha fatto capire che avevo solo bisogno di fermarmi e di provare a vedere tutto da un altro punto di vista. Mi reputo una persona molto fortunata perché i miei parenti e tantissimi amici mi sono stati molto vicini facendomi capire quanto fossi importante. Le mie riflessioni, aiutate dai miei studi di psicologia, mi hanno fatto capire quanto sia importante di fronte ad una malattia come il cancro, avere progetti e speranze per far in modo che le terapie abbiano un effetto positivo e aumentino le difese immunitarie del corpo. Molte ricerche su malati oncologici hanno messo in luce come le percentuali di malati che affermavano di aver ancora delle aspettative, ad esempio i genitori che volevano vedere i propri figli piccoli crescere e sistemarsi, reagivano meglio alle cure e vivevano più a lungo di quelli che si chiudevano nel loro dolore e non si impegnavano attivamente a reagire. Il messaggio che voglio lasciare a tutti è questo: “Non fatevi mai prendere dallo sconforto, c’è sempre un’altra occasione. Sedetevi e cambiate occhiali, vi faranno vedere la situazione più chiaramente e vi faranno trovare altri modi di gestirla. Non abbiate paura dei cambiamenti, sono solo un momento di crescita”.

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