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La storia di Cristina

Cristina

“Linfoma di Hodgkin”. Quando è arrivata la diagnosi, dopo il primo immediato pensiero “perché io?”, è subentrato un senso di sollievo: finalmente avevano capito cosa avevo e si poteva cominciare ad affrontarlo e a combatterlo. Tutto era cominciato con una ghiandola ingrossata in un’ascella, poi era subentrata una tosse secca e persistente, per culminare nelle sudorazioni notturne grazie alle quali al mattino mi svegliavo fradicia come se avessi corso per un’ora. Eppure sono andata avanti quattro mesi tra antibiotici e visite varie senza che nessuno capisse. Dovevano arrivare le lastre ai polmoni per evidenziare la massa al mediastino che premeva sul polmone. Erano i primi di novembre del 2000. Dopo neanche 15 giorni trascorsi tra prelievi, biopsie al midollo e all’ascella ed altri esami, cominciavo la prima chemio. Sorprendentemente ricordo quel periodo con grande serenità. Mi sono sentita circondata dall’affetto e dal sostegno non solo della mia famiglia, ed in particolare di mia mamma che, non sopportando l’attesa a casa, mi ha sempre accompagnato alle terapie e alle varie visite, ma anche degli amici e delle tante persone che operano in ematologia. Ho scoperto infatti un mondo di persone fantastiche per le quali sono sempre stata una “persona”, quasi un’amica, e non solo una paziente. Dalle inservienti, agli infermieri, ai medici e fino al primario tutti mi salutavano per nome e mi conoscevano e questo per me ha contato molto. I vari mesi di frequentazione assidua del day hospital non li ho quindi sentiti come un peso, trovandomi in un luogo amico e non ostile. Naturalmente non sono mancati momenti difficili. Primo fra tutti la recidiva che si è presentata quando ancora non avevo terminato le sedute di radioterapia ed incominciavo ad intravedere la luce in fondo al tunnel. Si è quindi reso necessario procedere con l’autotrapianto di midollo che fortunatamente ha dato gli esiti sperati. E altrettanto difficile è stato l’accettare la menopausa a soli 34 anni.
Ottimismo, serenità ed una fiducia cieca nei medici che mi hanno curato mi hanno però aiutato a guarire e a superare tutto. Una domanda che spesso mi facevo durante il periodo delle cure era se sarei mai più tornata com’ero prima. Forse non sono tornata al 100% com’ero, ma per certi aspetti sono meglio di prima. L’aver combattuto e sconfitto questa malattia mi ha permesso infatti di vedere la vita in un’ottica diversa e di affrontare la quotidianità con maggior serenità e “leggerezza”.

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