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La storia di Edo Orlandini

Edo

I frequenti viaggi per lavoro (ultimamente in Cina), la famiglia, gli amici e l’amato nuoto che continua a praticare almeno due volte la settimana. Edo Orlandini ha 49 anni ed è sempre stato un uomo dinamico. In passato, nel presente e, senza dubbio, domani. Quello che è mutato è lo spirito con cui Edo affronta le cose, la scala dei suoi valori, la reattività e la serenità con cui fronteggia i problemi, piccoli e grandi che siano. Perché oggi è un uomo diverso. Anzi qualcosa di più. “Sicuramente migliore. Tanto è vero che più volte mi sono detto che, se proprio mi doveva capitare tutto quello che ho dovuto affrontare, è stato un peccato che sia accaduto a 45 anni e non a 20. L’aver vinto il male mi ha reso una persona capace di ascoltare di più, più sensibile e più determinata”.
Sono passati ormai cinque anni da quando Edo Orlandini, 49 anni, ingegnere di Reggio Emilia, si accorse di quel piccolo nodulo che ha cambiato la sua vita. “Era il maggio del 2005 e un giorno avvertii un rigonfiamento anomalo, a ridosso dell’inguine, in una parte molle. “Scherzavo spesso coi miei nipoti per cui pensai di aver preso un colpo”. Impressione (o speranza) che, però, la medicina non ha confermato. Anzi, dopo essersi sottoposto ad una serie di accertamenti, il responso è stato tremendo: linfoma di Hodgkin. “Il colpo è stato duro: ho trascorso diversi giorni spaesato e frastornato. Poi, però, ho avuto la forza di reagire. Mi sono detto poche parole: se il male mi deve battere, dovrà tirare fuori le unghie perché io ho intenzione di combattere”. Una molla che, unita alla fiducia nelle cure dei medici reggiani ed alla integrità fisica, gli ha permesso di sottoporsi al meglio sia a chemio- che a radio-terapia che gli hanno consentito di affrontare il male. E di vincerlo. “Solo verso la fine del ciclo ho iniziato a soffrire un po’. All’inizio mi sottoponevo al trattamento la mattina, ed il pomeriggio andavo al lavoro”. Vincere il male grazie alla sua forza di volontà ma anche grazie al sostegno della famiglia, sua moglie e suo figlio in primis. “Durante la chemioterapia mi concentravo il più possibile per tentare di indirizzare la medicina verso le zone malate. Non so se abbia funzionato, o se sia servito a qualcosa. Psicologicamente mi ha dato una grande determinazione, perchè mi immaginavo così di buttare il male fuori dal mio corpo. Anche la mia famiglia è stata fondamentale, anche se all’inizio non è stato semplice. La famiglia di mia moglie aveva vissuto un’esperienza ancor più grave, finita tragicamente: mia moglie si metteva a piangere ogni volta che ci guardavamo, nei giorni successivi alla diagnosi. Non è stato facile: è la persona che mi ha visto soffrire di più, ma quella che, con me, ha reagito con maggiore forza. Mia moglie e mio figlio sono state le bussole che mi hanno fatto capire dove dovevo andare, perché dovevo guarire”. La famiglia e anche gli amici, quelli del nuoto in primis. Perché Edo ha deciso di non nascondersi, di affrontare il male alla luce del sole. “Ho sfidato il tumore e l’ho detto a tutti. Molti sono rimasti attoniti della mia serenità, ma per me è stato importante non nasconderlo: mi immaginavo di non portare da solo tutto il peso del male. Potevo concentrare tutte le mie forze solo sulla guarigione sapendo che, oltre alla famiglia, anche gli amici mi avrebbero sostenuto”. Una scelta di parlare che ha confermato anche dopo aver vinto il tumore. “La speranza è che, ascoltando la mia esperienza, qualcuno possa trarre la forza per uscire da un tunnel da cui è possibile uscire usando tante forze che abbiamo dentro”.

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